Gli Smeraldi e lo Zaffiro

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  1. Cerchi di Fuoco
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    "Se fuggire fosse una soluzione, io sarei fuggito da te già da tanto tempo"

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    Per tutto il viaggio di ritorno in macchina Candy restò in silenzio sprofondata nel suo angolo, avvolta dai morbidi e sinuosi velluti che tappezzavano la Isotta Fraschini con cui Mrs. Roosevelt era passata a riprendere i tre ragazzi, al termine dei suoi impegni.
    Eleanor non poté fare a meno di notare che l’atmosfera era molto più tesa e silenziosa rispetto al viaggio d’andata, che era stato condito da allegre e vivaci chiacchiere tra i giovani. Candy era mortalmente pallida e Patty le teneva una mano, fissandola con espressione molto preoccupata. Solo Hal cercava di abbozzare una conversazione di cortesia con la zia, ma anche lui osservava perplesso le due ragazze, dando segno di non avere idea di cosa potesse avere guastato l’atmosfera briosa di poche ore prima.
    - Come è stato lo spettacolo, ragazzi? - chiese la donna per rompere il ghiaccio, pur non ritenendo che una sia pur pessima rappresentazione potesse essere la causa di tale gelo.
    Poiché né Patty né Candy sembravano in grado di rispondere, fu Hal a intervenire galantemente:
    - Uno spettacolo singolare, zia Eleanor. Molto celebrato dalla critica per la novità del linguaggio narrativo. Ma, se devo essere sincero, ne ho trovato il tono forzatamente fiabesco, più che metaforico. Eccessivo, direi. Sembra quasi che il testo sia stato scritto da un bambino che si sforzasse di pensare come un adulto… o viceversa.
    - Si tratta dell’ultima opera scritta da Susanna Marlowe prima di morire, vero? – chiese Mrs. Roosevelt, cercando di aiutare il nipote a tenere in piedi quella conversazione.
    Ai suoi occhi attenti non sfuggì che Candy e Patty erano trasalite nel sentir pronunciare quel nome. Dunque, il loro brusco cambiamento d’umore pareva essere legato proprio alla sfortunata ex-interprete e poi scrittrice teatrale, morta poco più di un anno prima.
    - Sì, una donna molto sfortunata – rispose Hal.
    - Già. Prima quell’incidente che ha messo fine alla sua carriera di attrice proprio quando stava decollando e poi, quando il successo stava cominciando ad arriderle di nuovo come scrittrice, la morte improvvisa e per cause mai del tutto chiarite.
    - Si parlava di una sindrome depressiva, ai tempi, non è vero? Effettivamente ricordo che si era mostrata molto poco in pubblico nell’ultimo periodo – rifletté Hal.
    Candy sussultò, sentendo accennare alle condizioni psicologiche di Susanna. Il necrologio non ne aveva recato traccia.
    - Il che non era una novità, in realtà – continuò Mrs. Roosevelt - il suo fidanzato, nonostante sia uno degli attori più famosi e acclamati del momento a Broadway, sfugge come la peste le occasioni pubbliche. Le loro apparizioni agli eventi della vita mondana newyorkese si contano sulle dita di una mano. L’ultima volta che vidi Susanna Marlowe in pubblico fu proprio alla prima della Principessa Sbagliata, alla quale io e Frank presenziammo in quanto di passaggio a New York da Washington, in quel periodo. Lei però era sola, in effetti. Ricordo anche che ai tempi ci si chiese come mai Terence Graham non avesse interpretato il ruolo del protagonista, per sostenere con la sua fama l’opera della Marlowe.
    Constatando che né Candy né Patty sembravano intenzionate a intervenire nella conversazione, fu ancora Hal a rispondere:
    - Devo dire, zia, che neanche io riesco a immaginare quello strepitoso interprete classico calarsi nelle atmosfere surreali de La Principessa Sbagliata. Un plot molto singolare, in effetti, ma che, ripulito dalle metafore di cui è intriso, si riduce ad un triangolo in cui però niente è come sembra: il principe di una specie di regno di Oz crede di essere follemente innamorato di una fanciulla di umili origini ma malvagia, la quale millanta dolcezza e gentilezza, con il solo intento di conquistarlo. Per sua fortuna, il principe viene salvato dall’infausto matrimonio con questa perfida Rebecca dall’intervento della bella principessa Caterina, che svela le oscure trame di Rebecca per impadronirsi del cuore dell’eroe e, con pazienza e abnegazione senza fine (e danze e balli), fa sì che il principe Astor capisca che solo lei è il suo vero e unico amore. Da qui la scelta di lasciare Rebecca e di allontanarsi verso il suo futuro, voluto dal destino, con Caterina. In sintesi– concluse Hal – una sorta di Cenerentola al contrario, in cui la principessa trionfa sulla fanciulla di umili origini.
    Candy, ormai allo stremo della sua lotta contro le lacrime, accolse come una vera liberazione l’arrivo in East 65th street.
    - Candy – bisbigliò Patty all’amica – vuoi un po’ di compagnia? Posso fare qualcosa per te?
    - No, grazie Patty. Andrò subito a letto e domani starò meglio.
    - Oh, Candy, come mi dispiace! Se solo avessi saputo cosa stavamo andando a vedere…
    Candy rivolse un sorriso rassegnato a Patty e la rassicurò:
    - Patty, non voglio essere un bicchiere di cristallo sentendomi sempre a rischio di urtare con qualcosa di più resistente e rompermi in mille pezzi. Devo riuscire ad affrontare cose come questa.
    - Sono d’accordo, Candy. Il che però non comporta che quel bicchiere di cristallo debba necessariamente essere poggiato proprio nel punto in cui sta crollando una frana… anche il più solido dei vetri si frantumerebbe!
    - Oh tesoro, quanto ti voglio bene!
    Le due ragazze si abbracciarono con trasporto ai piedi della scala, sotto lo sguardo attento di Eleanor Roosevelt, e poi tutti si salutarono e si diressero nelle proprie stanze.
    Finalmente sola, Candy si spogliò con gesti lenti e si sciacquò il viso. Indossò una leggera camicia da notte candida e una vestaglia di morbido cotone di un tenue verde; quindi prese dal cassetto del suo comodino una semplice scatola di legno di cedro e, tenendola tra le mani, si recò verso il bovindo davanti alla finestra. Alzò lo sguardo verso il cielo, terso e costellato di stelle, il cui bagliore era in parte offuscato dalle sfavillanti luci della città. Scostò alcuni morbidi riccioli ribelli dalla fronte, passandoseli dietro l’orecchio, e fece un sospiro.
    Con un brivido che percorse ogni fibra del suo corpo, come costretta da una volontà più forte della sua, si trovò a rievocare le scene dello spettacolo a cui aveva appena assistito e che si erano scolpite in profondità nella sua mente.
    Patty aveva penetrato solo la punta dell’iceberg, quando aveva visto il nome di Susanna Marlowe sul programma e aveva capito di chi si trattasse. Ma non poteva immaginare l’incubo in cui era sprofondata Candy, a mano a mano che le scene scorrevano davanti ai suoi occhi e gli attori davano vita e parole alla storia sua, di Terence e di Susanna; ma in una sorta di gioco degli specchi dove ogni cosa era il suo opposto. Il tutto solo lievemente celato dietro la metafora della fiaba.
    Susanna aveva stravolto completamente ciò che era accaduto e la principessa che arrivava nel secondo atto a salvare il principe Astor dalle malevole grinfie di una Rebecca così perfida da infastidire a pelle ogni spettatore, rappresentava chiaramente la celebrazione del secondo amore, il vero amore, di Terence. Lei stessa, Susanna.
    La donna per la quale Candy aveva rinunciato a ogni speranza di felicità.
    Ma ciò che aveva sconvolto più di ogni altra cosa Candy era stata la scena finale, il ricongiungimento tra Caterina e Astor, che Susanna aveva scelto perversamente di ambientare su una terrazza del castello spazzata dalla neve, in una fastosa evocazione dell’amore vero che trionfava su tutto.
    Certo, quella era il punto: quegli istanti che per Candy avevano rappresentato lo spezzarsi di ogni speranza e lo spegnersi di ogni luce, per Susanna avevano costituito l’inizio della sua vita con Terence. Mentre Terence le sfilava davanti senza guardarla negli occhi, oppresso da un peso che solo lei poteva comprendere e condividere, per Susanna iniziava una promessa di felicità futura.
    Candy lo aveva capito, lo aveva accettato. Di più, lo aveva voluto, sperando di liberare Terence da una pena più grande di lui, e forse condannandolo invece a quel tormento che aveva visto nei suoi occhi a Rocktown e per il quale ancora oggi non riusciva a perdonarsi. Ma riviverlo in quel modo era stato più di quanto potesse reggere.
    “Quanto dolore può sopportare un solo cuore?” si chiese ancora una volta.
    Cosa aveva provato Terence leggendo quella storia scritta da Susanna? Quella versione totalmente stravolta dei suoi sentimenti e della sua vita, lui così riservato e geloso… Era quello il motivo per il quale non aveva presenziato alla prima della Principessa sbagliata, crudele rivisitazione di quella notte che aveva cambiato le loro vite per sempre? La donna che aveva scritto quelle scene poteva davvero avere reso felice Terence negli anni che erano seguiti alla loro separazione? Era almeno valsa la pena, tutta quella sofferenza che si erano inflitti?
    Candy singhiozzò e le lacrime che aveva trattenuto per tutta la sera cominciarono a scorrerle finalmente sul viso, dando corpo a tutta la sua tristezza. L’unico motivo per cui aveva rinunciato al suo grande amore era stato per dargli un’occasione di felicità. Risentì sulla pelle il sale delle lacrime di Terence e il calore bruciante di quell’ultimo abbraccio disperato.
    Possibile…? Possibile che tutto quel dolore fosse stato per nulla?

    Candy non ha mai sentito tanto freddo in vita sua.
    La neve turbina attorno a lei in girandole impazzite, alimentate dal vento che la schiaffeggia selvaggiamente e la costringe a chiudere gli occhi per proteggerli dalla forza flagellante. Sente il gelo penetrarle nelle ossa nello stesso modo in cui la consapevolezza di qualcosa di terribile sta penetrando nella sua anima.
    - Lasciami andare, Candy! Lasciami andare! Se restassi viva sarei solo un macigno tra te e Terence, perché io non posso vivere senza di lui, capisci adesso?
    Persino la coscienza della gravissima menomazione di Susanna perde di consistenza di fronte a quelle parole. Susanna ama Terence al punto di non voler vivere senza di lui. Susanna stava per uccidersi per liberare Terence dal peso del suo amore!
    Che amore egoista è il suo, si chiede Candy, di fronte a tale sacrificio? Come potrebbe Terence essere felice con lei, sapendo di aver inflitto una tale sofferenza? Non conta neanche più il fatto che Susanna gli abbia salvato la vita, ma soltanto che non veda possibilità di una vita per se stessa senza Terence…
    E poi, in un attimo, niente di ciò che Candy ha conosciuto e saputo fino a quel momento ha più significato.
    Perché quando Terence compare sulla soglia di quella terrazza, immobile tranne che per i capelli scomposti dal vento, e si ferma a fissare lei e Susanna ancora riverse nella neve, ogni cosa ha fine. I pezzi della sua vita, che può nitidamente vedere andare in frantumi esattamente in quel momento sotto i suoi occhi, si ricompongono di loro volontà in maniera totalmente diversa. Ed in quel nuovo quadro, sul quale si sono riversate tutte le possibili tonalità di grigio a coprirne ogni precedente sfumatura di colore, il futuro che lei aveva immaginato è scomparso.
    In quel quadro lei e Terence non ci sono più.
    Non possono più esserci.
    Terence la fissa per un istante che sembra eterno e in quell’istante è come se ogni cosa piombi nel buio, tranne due coni nei quali si concentra tutta la luce del mondo, a illuminare solo due ragazzi di fronte al loro destino che è venuto ancora a stanarli, questa volta definitivamente, per scagliarli lontano l’uno dall’altra. Agli antipodi del luogo a cui sanno di appartenere: l’uno all’altra.
    Si scambiano un lungo sguardo silenzioso con il quale Terence grida a Candy che non sa come, ma dovrà andare avanti senza di lei. E col quale Candy gli risponde di lasciar fare a lei: si prenderà cura di lui. Proprio come Terry aveva fatto per lei quella notte, suonando l’armonica dietro le spesse mura della sua umida cella… e come aveva rinunciato alla sua vita, lasciando la St. Paul School per restituirle quello che credeva essere il suo futuro. Adesso tocca a lei prendere il carico sulle sue spalle e liberare Terence da quel fardello che lo sta schiacciando.
    Due occhi di smeraldo si tuffano dentro due occhi di zaffiro, mescolandosi nel colore dell’eternità.
    Ora entrambi sanno.
    Non c’è bisogno di dire nulla.
    Ridestandosi da quell’attimo infinito in cui il solenne e silenzioso giuramento è corso tra due anime gemelle, Terence chiude gli occhi. La luce della luna e dei lampioni torna a illuminare la totalità del palcoscenico su quella terrazza, insieme a tutti gli altri interpreti di quel dramma.
    Terence solleva delicatamente da terra Susanna, che appoggia il capo al suo petto come se non concepisse altro posto al mondo in cui stare. Tenendola tra le braccia, sfila davanti a Candy immobile e muta sotto la neve. Non si guardano, non si dicono nulla. Tutto è stato già detto tra loro, viaggiando attraverso quello sguardo silente e definitivo.

    È passato qualche minuto, necessario a Candy per raccogliere le forze e dire addio a Susanna, alla quale sta affidando ciò che di più prezioso abbia al mondo, con l’unica condizione che gli dia la felicità che lei non può più dargli.
    Susanna accetta quel dono, grata a Candy per quella rinuncia che le concede la sua unica occasione di felicità.
    Candy esce dalla stanza e davanti a lei, proprio in cima alle scale, l’ultimo baluardo da superare prima di uscire per sempre dalla sua vita, Terence la fissa. Ha negli occhi un bagliore color zaffiro che da quel giorno non ci sarà mai più.
    È il momento più difficile, quello in cui entrambi devono essere all’altezza dell’amore che provano l’uno per l’altra.
    Candy non riesce a guardarlo negli occhi: sa che se lo farà resterà bruciata dalla fiamma ardente di quello sguardo e perderà la forza che ha faticosamente raccolto negli ultimi minuti (anzi, in tutta la vita) proprio per quel momento.
    - Addio, Terence! Prenditi cura di lei – volutamente non lo chiama “Terry”.
    - Ti accompagno alla stazione…
    - No, non occorre…
    - Voglio accompagnarti! Ti prego, Candy!
    Terence le poggia una mano sul braccio cercando di trattenerla, ma a questa seconda invocazione di aiuto, a questa preghiera, Candy non può rispondere. Stavolta non può far nulla. Sa che ogni momento in più che trascorre accanto a lui amplifica il dolore sordo che ha già cominciato a divorarla dall’interno. La sua unica speranza è di arrivare al treno prima di crollare.
    - Ti prego, Terry, lasciami andare!
    Con la sua ultima stilla di volontà, Candy si divincola dalla presa di Terence e lo supera, cominciando a correre giù per le scale.
    Via! Via da quell’ospedale!
    Lontano da quella terrazza sulla quale la sua vita e il suo amore si sono dissolti, dispersi dal vento, mescolati alla neve che da quel momento in poi sarà sempre sua nemica!
    Via da quella città!
    Via! Via da Terry, dai suoi occhi, dal suo amore che dopo averla riempita adesso la lascia svuotata e inerme!
    Via!
    È ormai a metà di quella rampa di scale infinita che la separa da qualsiasi cosa ci sia dopo Terence. Non sente i suoi passi inseguirla freneticamente, non si accorge che lui le sta correndo dietro disperatamente finché le braccia di lui non la circondano e le sue dita non si intrecciano a trattenerla per la vita sottile. Si sente stringere a lui, trascinata verso il suo petto in pari misura dalle mani di Terence e dalla propria volontà, e sente il battito del cuore di lui trapassarle la schiena, come se volesse raggiungere il suo, per diventare una cosa sola. Il viso di Terence è affondato nei suoi setosi capelli biondi, le labbra poggiano delicatamente sul suo capo. Riconosce il tocco di quelle labbra morbide ed esigenti: solo loro sanno darle quel brivido che adesso vince persino il dolore infinito per farla fremere esattamente come sulla seconda collina di Pony, alla festa di maggio... in un’altra vita.
    Lacrime….
    Terence sta piangendo.
    Anche lei piange adesso, ma nessuno dei due può vedere le lacrime dell’altro. Candy sente quelle del ragazzo scivolarle dolcemente sul collo, lievi come gocce di rugiada, mentre le sue stillano sulle mani di lui. Con quel pianto suggellano la loro rinuncia. Eppure l’amore grida il loro bisogno reciproco ancora più forte, dentro di loro.
    - Candy non voglio che tu te ne vada. Non posso lasciarti andare. Fermiamo il tempo… ora, in questo momento. Per sempre – sussurra Terence.
    - Terry…
    - Non dire nulla, ti prego. Resta solo qui… Fermiamo il tempo…
    E il tempo si ferma davvero.
    In quell’istante che si libra al di sopra dello scorrere di quelle due vite, il destino, vinto dalla forza del loro amore, concede loro ancora un solo, unico, ultimo momento in cui essere una cosa sola. Due anime fuse nell’unione dei loro corpi uniti in un abbraccio disperato. Entrambi sanno che di quell’istante dovranno vivere per tutto il resto della loro vita.
    Lentamente, come se ogni movimento costasse un dolore infinito, cosa che in effetti è, Terence scioglie infine il suo abbraccio.
    - Sii felice, Candy! Sii felice, perché altrimenti non potrò mai perdonarti… – gli sente sussurrare dietro di lei, con le mani sulle sue spalle.
    Terence non riesce ancora a perdere il contatto con quel corpo tanto desiderato.
    Finalmente Candy si volta, posa una mano sulla sua e lo fissa negli occhi bagnati di quelle lacrime che sente ancora bruciare sul suo collo.
    - Anche tu, Terry!
    Riesce addirittura a sorridergli. Sa che lasciarlo con un sorriso lo aiuterà.
    Chissà se si sono resi conto che nessuno dei due ha avuto la forza di accettare l’impegno chiesto dall’altro.
    Candy si allontana e lo lascia inerme su quella rampa di scale. Ha esaurito ogni residuo di forza per fare il primo passo; adesso è solo inerzia, e non più volontà, a trascinarla via da lui.
    Non si volta indietro neanche una volta.


    Mille volte pessima la notte, per me,
    se mi manca la tua luce.
    L’amore corre incontro all’amore con gioia,
    come fuggono dai loro libri gli scolaretti.
    Ma dall’amore si allontana l’amore con gli occhi tristi
    come tornano gli scolaretti a scuola.*



    Candy sbatté le palpebre, come ridestandosi da un lungo sogno, anche se non avrebbe saputo dire cosa fosse più reale: se il ricordo di quella notte maledetta o le immagini della stanza bianca e verde che faticò a rimettere a fuoco, tra lacrime copiose che le scorrevano sul viso da chissà quanto tempo e le annebbiavano la vista.
    Rannicchiata sul bovindo, le braccia strette attorno alle ginocchia e le morbide onde bionde che le lambivano il capo a sfiorarle il petto, poteva scorgere in lontananza oltre il vetro della finestra un’anticipazione dell’aurora, luccicante delle lacrime attraverso cui la fissava. Realizzò di essere rimasta sveglia tutta la notte con la sola compagnia dei suoi ricordi più dolorosi. Quegli stessi inestimabili ricordi che la sera prima, sul palcoscenico del New Amsterdam Theatre, erano stati rivoltati come un abito usato ed esibiti a sguardi estranei, capovolti del loro prezioso significato.
    Poggiò la fronte sulle ginocchia, si sentiva esausta sia per la mancanza di sonno che per la forza dei ricordi.
    Era quella, dunque, la Susanna alla quale aveva affidato la felicità di Terence?
    Allungò una mano verso la scatola di legno di cedro finemente istoriata che, una volta aperta, rivelò un mucchio di lettere dalle grafie disparate.
    Sopra di esse si trovava il carillon della felicità donatole da Stear, silente da quella sera che la felicità gliel’aveva strappata senza pietà.
    Senza esitazioni prese una busta bianca e ne trasse fuori il contenuto: due pagine fittamente scritte in una grafia infantile, il cui contenuto, pur conosciuto a memoria, adesso assumeva nuovi significati:


    Per la signorina Candice White Ardley

    Cara Candice
    Spero che tu sia tornata sana e salva a Chicago.
    Ti prego di perdonarmi per averi mandata via in preda a un tale stato d’animo. Sapevo cosa Terence avesse nel cuore, ma pur con quella consapevolezza non potevo accettare di perderlo.
    Ricordo che ci siamo incontrate a Chicago, in occasione di una rappresentazione per beneficienza. Tu ti sei presentata una sera in hotel chiedendo di lui. Non riuscivo a sopportare i tuoi occhi luminosi, né il fatto che lui non facesse altro che pensarti. Avrei fatto qualsiasi cosa purchè ti dimenticasse. Rispetto a perderlo, l’aver perso l’uso delle gambe non significa niente per me…
    Ti chiedo scusa. Da quando ho iniziato ad amare Terry, sono diventata una ragazza sempre più cattiva. Fin da piccola il mio sogno è stato quello di recitare e, pur di raggiungerlo, ho rinunciato a tante cose. Eppure ora… il mio unico desiderio è di stare con Terry e di non allontanarmi mai da lui. So bene quanto questo comportamento sia egoistico.
    Quella sera non riuscivo a smettere di scusarmi e piangere, ma lui mi ha detto queste parole: “Ti rimarrò accanto… per sempre…”. Le ha pronunciate mentre osservava la neve fuori dalla finestra. La sua voce era un sussurro, ma al tempo stesso era estremamente chiaro. Ho sentito che la sua anima se ne andava via con te, ma nonostante tutto, mi sono aggrappata a quelle parole.
    Come posso ripagare tanta gentilezza? Tutto ciò che posso fare è scusarmi con te nel mio cuore e continuare ad amarlo per entrambe. Lui è la mia vita. Candice, ti sono infinitamente riconoscente per avermi ridato la vita e la speranza nel domani.
    Prego perché tu possa raggiungere la felicità.
    Susanna Marlowe 1


    Candy aveva ricevuto quella lettera da Susanna alcuni mesi dopo la separazione da Terence e poco dopo che si erano diffuse le voci della sua scomparsa dai palcoscenici di New York, a seguito della continua serie di insuccessi che erano seguiti alla prima di Romeo e Giulietta.
    Allora vedeva in Susanna uno sfortunato angelo biondo che amava Terence più di quanto non avrebbe potuto fare lei stessa.
    Pur non avendo mai ben compreso il motivo per cui la ragazza avesse sentito il bisogno di contattarla a distanza di mesi per ribadirle come tutto ciò che aveva fatto lo avesse fatto per amore di Terence, Candy aveva provato quasi un sentimento di gratitudine al pensiero che tanta dedizione fosse rivolta al suo Terry perduto.
    Adesso, a distanza di anni e soprattutto dopo lo scorcio dell’animo e dei pensieri di Susanna cui aveva avuto per la prima volta accesso dopo la visione del suo spettacolo, le sembrava che quelle parole assumessero tutt’altro significato.
    “Io so per chi batte il cuore di Terence, ma nonostante questo non posso rinunciare a lui...”
    “… l’unica cosa che posso fare è chiedere il tuo perdono e continuare ad amare Terence con tutto il mio cuore, anche per te.”

    Rileggendole alla tenue luce di quell’alba newyorkese, Candy non riusciva più a vedere in quelle frasi le scuse di una debole, disperata, indifesa vittima del destino. Quelle erano le parole di una donna che rivendicava il suo diritto a qualcosa che non era suo, esattamente come aveva fatto con la trama della Principessa Sbagliata, in cui aveva gridato al mondo il suo diritto a essere amata da Terence.
    Candy estrasse dal cofanetto un’altra busta. La risposta che aveva scritto allora a Susanna dopo aver vinto le lacrime di triste rimpianto suscitate dalla sua lettera, ma che non aveva mai trovato il coraggio di spedire:


    Cara Susanna,
    dovresti sapere che ti ho odiata quando mi hai mandata via da quell’hotel a Chicago.
    Pensavo di amare Terence più di te, ma quando sono venuta a New York e ho scoperto che gli avevi salvato la vita e seppi che volevi ucciderti per Terence e me, ho compreso che lo amavi dal profondo del tuo cuore e ho capito cosa dovevo fare. Ho ancora la lettera che mi hai mandato e che ho letto molte volte.
    Quando Terence lasciò la compagnia, mi resi conto che eravate voi due ad avere molti problemi, non io. Io sto bene. Terence è ora nel mio passato e non guardo indietro. Sono molto felice di avervi incontrati. Un giorno ci rivedremo, forse quando saremo diventati vecchi, e rideremo molto. So che ti prenderai cura di lui. Resta sempre al suo fianco.
    Qualche volta ti vedo sorridente sulle pagine delle riviste, nonostante la sedia a rotelle. Ora so di aver preso la giusta decisione.

    Candy.
    2

    Come avrebbe potuto spedirla, del resto?
    Anni addietro aveva trovato il coraggio di scrivere quelle false e rassicuranti parole: “Terence è ora nel mio passato e non guardo indietro...” ma non di dar loro il crisma della verità lasciando che qualcun altro le leggesse.
    Terence non era e non sarebbe mai stato parte del suo passato, perché era parte di lei e quella notte, stretti su quelle scale, i loro cuori si erano davvero fusi a comporne uno solo che batteva all’unisono. Sperava con tutta se stessa che lui avesse trovato la propria felicità da allora, ma per quanto la riguardava, doveva ammettere di essere stata totalmente inadempiente della sua parte della promessa che si erano scambiati su quelle scale.
    E quella sera, dopo aver visto lo spettacolo scritto da Susanna Marlowe, doveva cominciare a fare i conti con la terribile probabilità che anche per Terence quel sacrificio potesse essere stato vano, e che invece che dargli un’occasione di felicità, quella notte lei lo aveva forse consegnato alla stessa pena che da allora opprimeva il suo cuore. Non riusciva a immaginare Terence felice accanto a una persona capace di violentare in quel modo la verità per rimodellarla al fine di farla corrispondere alla sua volontà. Il suo Romeo, l’emblema stesso della fierezza e dell’onore.
    Con gesti rabbiosi, Candy prese la lettera di Susanna e la strappò furiosamente in decine e decine di minuscoli frammenti, come se con quell’atto potesse anche distruggere il passato e tutti gli errori e le sofferenze che aveva portato con sé. Aprì la finestra e li sparse nel vento, lasciando che la brezza del mattino li portasse via, lontano da lei, in una strana rievocazione dei fiocchi di neve che si erano portati via i suoi sogni in quella notte lontana.
    Poi abbassò lo sguardo sulla busta bianca che aveva contenuto quella lettera, di cui non avrebbe mai più potuto dimenticare ogni singola frase, e la ripose dentro il cofanetto di legno, ad eterna testimonianza degli errori del suo passato.
    Si sentiva sopraffatta dalla tristezza ma nello stesso tempo sentiva chiaramente, dietro lo squarcio aperto dal sipario strappato, una scintilla di ribellione cominciare ad illuminare l’oscurità che aveva albergato in lei negli ultimi anni.
    Ma adesso, dopo tutto ciò che quella notte le aveva fatto realizzare, poteva davvero sperare che Terence la perdonasse?

    Il suo dardo mi ha fatto una ferita troppo grave
    per potermi levare sulle sue penne leggere:
    e così preso, non posso prendere il volo
    e superare la mia sorda tristezza:
    io sprofondo sotto un peso d’amore. **



    *Romeo e Giulietta, Atto II, Scena II.

    1Tratto da: Kioko Mizuki, Final Story, volume II, pag. 205-206, 2015 – Kappalab.

    2Liberamente da me tradotto da: Kioko Mizuki, Novelle, volume III, pag 154-160.

    **Romeo e Giulietta, Atto I, Scena IV.



    FINE CAPITOLO 4°




    n.d.a. Ringrazio fin d'ora tutti coloro che vorranno lasciare un commento o un pensiero su questa Fan Fiction: i vostri feedback sono preziosi. Il topic dove lasciare eventuali commenti è
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    Edited by Cerchi di Fuoco - 23/10/2020, 15:01
     
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